Sussiste il reato di sequestro anche quando la libertà personale viene limitata da una forza intimidatoria

Sussiste il reato di sequestro anche quando la libertà personale viene limitata da una forza intimidatoria
03 Maggio 2019: Sussiste il reato di sequestro anche quando la libertà personale viene limitata da una forza intimidatoria 03 Maggio 2019

Il bene giuridico tutelato dall’art. 605 c.p. è costituito dalla libertà personale, come si evince dalla collocazione sistematica della norma. Per quanto attiene al significato da attribuire al concetto di libertà personale si deve intendere la libertà fisica.

Come confermato anche dalla giurisprudenza di legittimità, infatti: “L’elemento oggettivo del delitto di sequestro di persona consiste nella privazione della libertà personale intesa come libertà di muoversi nello spazio e cioè come libertà di locomozione. Non è necessario, a tal fine, che la privazione sia totale, ma è sufficiente che il soggetto passivo non sia in grado di vincere, per realizzare la sua piena libertà di movimento, gli ostacoli frapposti né ha rilevanza la maggiore o minore durata di tale privazione” (v. Cass. Pen., sez. I, sentenza 4 maggio 2009, n. 18186, in Ced Cassazione, rv. 244050; meno recentemente Cass. Pen., Sez. V, 12 maggio 1980, n. 5907, in CPMA, 1981, 365).

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11634/2019, depositata il 15.03.2019, è intervenuta sul tema, chiarendo che, il delitto di sequestro di persona non implica necessariamente che la condizione limitativa imposta alla libertà di movimento sia obiettivamente insuperabile, essendo sufficiente che l’attività anche meramente intimidatoria o l’apprestamento di misure dirette ad impedire o scoraggiare l’allontanamento dai luoghi ove si intende trattenere la vittima, sia idonea a determinare la privazione della libertà fisica di quest’ultima con riguardo, eventualmente, alle sue specifiche capacità di reazione.

Nella fattispecie, la vittima del reato era riuscita a guadagnare la libertà grazie alla fortunosa circostanza della presenza, all’interno del locale ove era stata rinchiusa, di un bastone in ferro grazie al quale era riuscita a forzare la serratura: condotta di "liberazione” che lo stesso ebbe ad attivare solo dopo aver avuto precisa consapevolezza che i rapinatori avevano lasciato i locali dell’istituto.

La persona offesa, quindi, pur potendo astrattamente liberarsi dal luogo ove era stata costretta in un momento precedente a quando realmente avvenuto, e segnatamente quando ancora l’azione delittuosa era in corso, scientemente decise di non farlo per non correre il rischio di mostrarsi ai rapinatori ed esporsi a quasi certe pericolosissime ritorsioni da parte di questi ultimi, che già avevano mostrato la loro spregiudicatezza colpendo al capo il malcapitato e minacciandolo di morte.

In questo modo, il sequestro di persona, si era protratto ben oltre la durata temporale della rapina, non per volontà o libera scelta del sequestrato,  ma come conseguenza diretta imposta dalla condotta dei rapinatori.

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